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Gli dèi dell’induismo – prima parte

DIVINITA’ PRINCIPALI

Il pantheon dell’induismo comprende molte divinità, di origine diversa, e onorate per diversi scopi. Sia oggi sia in prospettiva storica, per una buona parte dell’induismo non si può tuttavia parlare di un semplice politeismo, poiché il fedele rivolge normalmente la sua massima devozione a una figura divina d’elezione, Dio con la lettera maiuscola, di cui le altre attività sono in quale modo una forma, un’emanazione, un contrappunto; e di solito per il fedele hindu Dio è Vishnu o Shiva, oppure una divinità femminile, chiamata semplicemente Devi, la “Dea”, o Shakti, la “Potenza”, e spesso identificata nella figura del mito con Durga, l'”Inassalibile”. Le complesse e multiformi vicende connesse con i personaggi divini sono raccontate soprattutto in quel corpus estremamente vasto di testi, stratificati nei secoli, che vanno sotto il nome di Purana. Qui si apprende come, per salvare il dharama, la Legge sacra che tutto sostiene, spesso gli dèi si trovino ad affrontare e a vincere demoni tremendi; questo è lo schema mitico che ricorre più di frequente.

Siva nella sua forma Naṭarāja (Re della danza) in una raffigurazione dell’XI secolo conservata presso il Museo Guimet di Parigi.

A tale scopo Vishnu si manifesta sulla terra nella serie dei suoi avatara, “discese”, di solito calcolate in numero di dieci, e in parte di forma animale o ibrida. Le più celebri di queste discese sono personaggi di due grandi poemi epici dell’India antica: Rama, il re perfetto protagonista del Ramayana, e Krishna, che espone i suoi ammaestramenti e contribuisce al dipanarsi delle vicende nel Mahabharata. La capacità di sincretismo dell’induismo è ben espressa dal fatto che il Buddha sarà egli stesso considerato una delle possibili “discese” del supremo Vishnu. La lista canonica degli avatara, che sorprendentemente, nella sua progressione, sempre evocare uno schema evolutivo quasi darwiniano, elenca dunque Matsya, il Pesce; Kurma, la Tartaruga; Varaha, il Cinghiale; Narasimha, l’Uomo-leone; Vamana, il Nano; Parashurama, Rama con la Scure; Rama; Krishna; il Buddha (o Balarama), e infine Kalkin, il salvatore che verrà nel futuro.

Se Vishnu è in sostanza figura regale, della quale il sovrano terreno, nel suo compito di assicurare la giustizia, agisce come una sorta di riflesso, personaggio divino ben più complesso e problematico è Shiva, il “Benevolo”, così chiamato (oltre che con molti altri nomi) per motivi apotropaici, e nel quale il mito assomma valori antitetici. Shiva è un dio dall’energia incontenibile: è allo stesso tempo il grande, fascinoso amante, e colui che sa governare gli impulsi sessuali nell’estremo ascetismo; è selvatico e si aggira in luoghi impervi; la sua danza sfrenata esprime il processo di creazione, vita e distruzione del mondo. Questo processo è, secondo una certa ottica, da visualizzare come continuamente in atto; oppure, è interpretabile in termini di scansione del tempo, in forma però non lineare, bensì di ciclo inarrestabile, dato che nella concezione hindu la “storia” è una continua ripetizione di immense fasi cosmiche, in cui la nascita, il progressivo declino e la disintegrazione dell’universo si avvicendano in eterno. Le imprese delle divinità possono aver avuto luogo in tempi mitici diversi da quello in cui viviamo ora; ricordiamo che attualmente l’umanità vive in un cosiddetto kaliyuga, una delle quattro unità minime (yuga), ancorché calcolabili in numeri colossali di anni umani, di questo volgersi universale, e quella in cui, ogni volta, il dharma conosce il degrado estremo.

Anche il mito principale con cui è celebrata Durga riflette lo schema della lotta e della vittoria contro un demone, che in questo caso è Mashina, il Bufalo. Ma, per quanto riguarda le divinità femminili, nell’induismo esse sono in realtà numerose e con origini e caratteristiche varie, alcune panindiane, altre solo locali, ben individualizzate oppure no e a volte addirittura considerate in gruppo (per esempio le Sette Madri, Saptamatrika), con molti nomi e ritenute, a volte, ipostasi della Dea suprema, o la Dea suprema loro stesse. Alcune hanno anche un ruolo importante in qualità di compagne del dio maschio: Vishnu ha come sposa principalmente Shri-Lakshmi, una dea antica e molto venerata autonomamente come elargitrice di benessere e fortuna, mentre quella di Shiva è Uma-Parvati, la figlia dell’ Himalaya; secondo una concezione diffusa, soprattutto nello shivaismo, la dea rappresenta lo shakti del divino consorte, l’energia di cui vibra l’opera del dio. Sebbene, secondo il mito, generati in maniere singolari, figli di Shiva e Parvati sono considerati Skanda, il giovane dio della guerra, chiamato anche Karttikeya o Kumara e nel sud Murugan o Subrahmanya, e Ganesha o Ganapati, popolare divinità dalla testa di elefante, protettore degli ingressi e di tutti gli inizi.

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