Cina: i miti unitari
Ogni anno, il 5 aprile, nel distretto di Huangling, nello Shaanxi, si svolge una singolare cerimonia. Migliaia di ospiti, uomini politici, uomini di stato, rappresentanti di stati stranieri, si riuniscono per la festa di Qingming sul piccolo monte Qiao per inchinarsi, tra sventolii di bandiere, suoni di trombe e rulli di tamburi, davanti al mausoleo ufficiale dell’ “imperatore Giallo”. Essi in tal modo, onorano l’antenato di tutti i Cinesi.
Circa 4000 anni fa Huangdi, l’Imperatore Giallo, avrebbe fondato, praticamente di suo pugno, la civiltà cinese: l’invenzione della ceramica, della scrittura, dell’architettura, dell’astronomia, del calendario, della musica, dell’arte di amministrare e di numerose altre manifestazioni culturali viene attribuita a lui e ai suoi ministri.
Al principio della storia della Cina ci sono i miti; essi non solo descrivono gli inizi della storia, ma ne condividono anche la nascita. I miti affiorarono esattamente nel momento in cui per la prima volta in Cina venne scritta la storia. Le loro tracce più antiche si trovano nell’inizio del I millennio a.C. in odi che celebrano non soltanto le dinastia dominanti Shang e Zhou, ma anche la loro leggendaria origine. Verso la stessa epoca, in iscrizioni su bronzo, le genealogie dinastiche venivano collegate alla figura mitica del regolatore di corsi d’acqua Yu il Grande, colui che “divise la regione e deviò i fiume”.
Divennero familiari anche i nomi degli augusti predecessori di Yu, vissuti nel XXIV-XXIII secolo a.C.: gli imperatori Yao e Shun, che divennero modelli di virtù e giustizia. Durante il periodo di Yao, gli astri splendevano come pietre preziose, e a corte nidificavano le fenici; e dopo che egli lasciò il governo non a suo figlio, ma a Shun, che aveva origini più umili, si assistette ad altri segni e prodigi simili.
Questi miti disparati, originari di contesti regionali assolutamente diversi, furono organizzati per la prima volta in un ordine sistematico soltanto nel II millennio a.C., sotto la dinastia Han. Solo a quel punto nacque una mitologia; la quale, in modo molto significativo, assunse una forma definitiva e cogente in un’opera storica. Le Memorie di uno storico (shiji) di Sima Qian, la prima storia generale della Cina, e anche l’opera più importante dell’intera storiografia cinese, iniziano con una serie di miti. Il primo capitolo e dedicato ai “Cinque Imperatori”, che avrebbero governato nella pianura cinese settentrionale all’inizio del III millennio a.C., prima che la regione finisse sotto le dinastie dei Xia, degli Shang e dei Zhou: Huangdi, Zhuanxu, Ku, Yao e Shun.
Sono figure mitiche, che prima erano apparse accostate, in tradizioni autonome e anche diversissime da regione a regione, e ora nello Shiji vengono rappresentate dalla prospettiva dell’impero unitario: come sovrani che succedono l’uno all’altro, allineati in modo storicizzante su un’unica linea, in uno stesso territorio, quello della Cina settentrionale.
All’inizio della fila c’è una figura che nella tradizione precedente aveva avuto un ruolo subordinato, e che invece all’inizio dell’epoca Han fu venerata come un dio daoista: l’Imperatore Giallo. La sua figura era straordinariamente pregna di significati simbolici: si presumeva che appartenesse allo stesso clan degli imperatori Han. Nel giallo si identificò il colore della dinastia, e il culto di Huangdi raggiunse il suo apice. Huangdi divenne la figura in cui poteva trovare la propria identità un impero unitario e centralizzato, in quanto fondatore della civiltà Han e antenato della storia cinese; egli è il simbolo dell’unità e della continuità storica di un popolo che ancora oggi chiama se stesso “Han“.